DIMENTICARE TIZIANO - GIROLAMO ROMANINO A PISOGNE
2010 / 25’
- regia di Elisabetta Sgarbi
- helpdir Eugenio Lio
- fotografia di Daniele Baldacci
- montaggio di Luciano Marenzoni
- produzione a cura di Betty Wrong
- scenografia di Luca Volpatti
- musica di Guillermo Vaz, Gorge Crumb, Olivier Messiaen
- testi: Giovanni Testori, Vittorio Sgarbi
In collaborazione con Fondazione ASM
Dimenticare Tiziano - Girolamo Romanino a Pisogne
Di Elisabetta Sgarbi
Film in dvd + libro disponibili su IBSAveva lavorato a Trento, Girolamo Romanino, con l’intento tornare nella sua Brescia. Ma il potere e il prestigio del Moretto, allora imperanti, rimandarono l’appuntamento con la sua città. Arrivò dunque una commissione più piccola, in Valle Camonica, dagli agostiniani di Pisogne in Santa Maria della neve. A Pisogne si preparava “la ressa”.
Così, al riparo dagli sguardi della lingua ufficiale della pittura, ma con lo sguardo acre e “indisponente” puntato sempre su di essa, Romanino sprigiona una potenza pittorica inusitata, affresca le pareti e le volte, le ricolma di personaggi e colori della vita di Cristo, dà vita a una crocifissione matta e gremita, “cagnaresca e chiassosa”, dove il Cristo campeggia sopra una folla di popolani e cavalli e soldati pronti più per il mercato paesano e gaudente dell’ora di punta, per l’osteria o per lo stadio che per l’appuntamento con Dio nella Santa messa.
Siamo nel 1532, venti anni dopo la Cappella Sistina, di lì a poco Tiziano dipinge la Venere di Urbino, e Romanino di un solo colpo tellurico, smuove le zolle della sua terra, le trasforma in carne e sangue della gente, spinge a calci con violenza volgo e cavalli sulla scena, e fa perdere la testa alla macchina da presa che tenta di seguirlo ma lui, Romanino, frenetico e preciso, non si fa prendere, continua a dare voce e forme al caos senza paura di guardarlo in faccia.
E la scena di quella crocifissione si gonfia via via che la macchina vi indugia; sembra sia la macchina a tener buono quello scalpitare del chiasso popolano (beninteso che popolani sono anche i diavoli dalla lingua in fuori, gli angeli grassocci, i morti che vengono tratti fuori dall’Ade); quel chiasso, la macchina da presa, lo accarezza e lo vela, per farlo vedere; lo illumina e lo rabbuia, per dare riposo all’occhio e fargli vedere per la prima volta uno per uno, quelle terga di cavalli e contadini affollatisi a guardare come si scanna un maiale o si ammazza un Dio.